mercoledì 11 giugno 2008

Fiocco, l'unicorno


http://www.lastampa.it/lazampa/girata.asp?ID_blog=164&ID_articolo=454&ID_sezione=339&sezione=News


Fiocco giunse al laghetto che era quasi il tramonto. Lì lo aspettavano gli altri caprioli, suoi compagni di scorribande che, come ogni sera, si ritrovavano tutti insieme ai bordi dello specchio d’acqua per concludere la giornata tra giochi e scherzi.

Quella sera sembravano tutti molto eccitati.

“Guardate ragazzi – stava esclamando con entusiasmo Pelomorbido saltellando allegramente intorno al gruppo – mi stanno crescendo le corna. Guardate! Se ne è accorta la mia mamma stamattina. Sto crescendo. Presto sarò grande e forte come il mio papà e potrò accompagnarlo nelle perlustrazioni del bosco”.

Tutti si strinsero intorno a lui per controllare i due bernoccoli che gli spuntavano proprio in cima alla testa.

“E’ vero – confermò Orecchieallerta – si vedono proprio bene”.

Tutti corsero immediatamente sulla riva per specchiarsi sulla superficie dell’acqua nella speranza di scorgere anch’essi il segnale che erano ormai grandi. Erano nati tutti la primavera precedente e quindi ciascuno di loro era ormai sul punto di lasciarsi alle spalle l’infanzia e di oltrepassare la soglia dell’età adulta.

“Eccoli – gridò felice anche Codabatuffolo – li vedo anch’io!”.

Contagiato da tanto entusiasmo Fiocco si fece largo tra gli amici per riuscire anche lui a specchiarsi. Ma proprio mentre protendeva il muso perché l’acqua gli rimandasse la sua immagine, sentì sollevarsi dal gruppo un’esclamazione di stupore.

“Guardate amici! – esclamò Pelomorbido sbigottito – Fiocco ha un solo corno!”.

In effetti, sulla testa del capriolo, proprio sulla linea tra le due orecchie, si vedeva chiaramente, a farsi strada tra il pelo dell’animale, un unico bernoccolo.

Subito i giovani caprioli cominciarono a sbeffeggiarlo e a deriderlo tanto che Fiocco corse a rifugiarsi piangendo tra le zampe della sua mamma. Da allora non lo videro più sulle sponde del laghetto a giocare con i compagni, né a passeggiare nella radura con i suoi genitori, né a brucare con i suoi simili alla ricerca di bocconcini delicati nel folto del sottobosco.

Fiocco se ne stava sempre in disparte, nascosto e vergognoso di quell’unico corno che cresceva ogni giorno di più dandogli un’aria buffa e per nulla imperiosa come invece i palchi con cui i suoi amici si pavoneggiavano tra loro ingaggiando le giocose lotte e le vanitose sfilate cui lui poteva assistere solo stando al riparo del folto dei cespugli.

Con il tempo la sua infelicità si faceva sempre più profonda e ormai Fiocco era rassegnato al suo destino quando un giorno, proprio nel mezzo di uno di quegli allegri tornei organizzati dai giovani caprioli ai bordi del laghetto, piombò sul branco un gruppo di cacciatori animati delle peggiori intenzioni.

Subito gli animali si dispersero terrorizzati, ma già sembrava che, disorientati dalla sorpresa dell’attacco e dall’aggressività dei cani e dei cacciatori, per i giovani caprioli non ci sarebbe stato scampo alcuno.

Fiocco, nel vedere la terribile scena, istintivamente uscì allo scoperto per affrontare – non sapeva nemmeno lui come – il nemico e salvare i compagni.

Ma proprio mentre si rendeva conto di quanto il suo gesto rischiasse di rivelarsi tanto inutile quanto fatale, i cacciatori, nel vederlo, interruppero improvvisamente la loro caccia.

“Guardate – gridarono stupefatti – il mitico unicorno. Ma allora esiste davvero!”.

“Se questa magica creatura vive qui – esclamò subito uno di loro – alla questa è una foresta fatata. Andiamocene, non possiamo macchiarla di sangue o rischieremmo una punizione gravissima”.

E così dicendo si allontanarono promettendo di non fare mai più ritorno.

Nel vedere i cacciatori che si allontanavano e rendendosi conto di essere ormai al sicuro, i giovani caprioli tornarono sui loro passi ringraziando l’amico per essere corso in loro aiuto e assicurandogli che non lo avrebbero mai più preso in giro per quell’unico corno che era stato la loro salvezza.

Da allora Fiocco è tornato a correre felice con gli amici consapevole che il solo fatto di essere diverso dagli altri non è necessariamente una sfortuna.

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