Il signor Taldeitali era un omino molto pignolo.
Ogni sera, prima di andare a dormire, preparava con cura i vestiti che avrebbe indossato il mattino successivo: la camicia pulita, i pantaloni stirati, le scarpe accuratamente lucidate, i calzini colorati in sintonia con la cravatta.
Ogni mattina, poi, voleva trovare sulla tavola ben apparecchiata la sua solita tazza di caffè con i soliti due cucchiaini di zucchero, il pane tostato al punto giusto e il succo di arance che non dovevano essere né troppo rosse né troppo gialle.
Quindi, raccoglieva con cura tutte le sua carte e le infilava, stando ben attendo a non spiegazzare i fogli, nella cartella da lavoro.
Era, insomma, il nostro signor Taldeitali, un uomo molto preciso che amava che ogni cosa fosse al suo posto e che ci fosse sempre un posto per ogni cosa.
Per la signora Tilde, che si occupava di lui, era una vera impresa riuscire ogni volta ad accontentarlo poiché trovava sempre qualcosa che non andava bene.
Anche quel giorno, come tutte le mattine, il signor Taldeitali si avviò verso la stazione dei treni e lì aspettò l’arrivo dell’espresso che lo avrebbe portato in città dove si trovava il suo ufficio.
Dopo circa dieci minuti il treno arrivò.
Il signor Taldeitali salì e prese posto, quindi abbassò il cappello sugli occhi e si appisolò.
Anche se era un omino molto compito e che ci teneva molto a fare bella figura con il prossimo, non riusciva ad evitare di mettersi a russare – anche se molto compitamente – e così accadde anche quella volta.
Non durò, però, a lungo perché dopo pochi minuti qualcuno gli battè su una spalle.
“Ah, già il biglietto” pensò il signor Taldeitali aprendo gli occhi.
Abbiamo già detto quanto il nostro amico tenesse a che tutto fosse sempre in ordine e in perfetta armonia. Possiamo, quindi, immaginare il suo stupore quando si trovò di fronte, anziché al solito bigliettaio, una scimmia.
A dire il vero la scimmia era proprio il bigliettaio e come un bigliettaio era vestita di tutto punto.
Aveva la sua bella divisa, il berrettino regolamentare, persino la macchinetta per annullare i biglietti dei viaggiatori. Però, era pur sempre una scimmia!
“Biglietto, signore” disse molto educatamente la scimmia rivolgendosi al nostro amico.
Il signor Taldeitali era veramente stupefatto.
“Ma lei è una scimmia!” disse quasi con disgusto.
Certo, al nostro omino doveva apparire davvero terribile il fatto che un animale come quello si trovasse a bordo del treno.
Chissà quanto era sporco e quanti danni sarebbe stato in grado di provocare se solo gli fosse passato per la testa di cominciare a saltare sui sedili, arrampicarsi sulle tende dello scompartimento oppure – orrore! – mettersi a sedere sulle ginocchia dei passeggeri.
“Ma certo signore che sono una scimmia, che cosa credeva?” chiese di rimando l’animale stupito dello stupore del passeggero. “Ma è terribile!” gridò il signor Taldeitali angosciato.
“Oh bella? Ma si è mai guardato allo specchio lei la mattina? E comunque, bando a queste discriminazioni di razza e mi faccia vedere il suo biglietto” disse la scimmia-bigliettaio.
“Come si permette? Non accetto ordini da una scimmia!” gridò l’omino ormai isterico.
“E dagli! Senta, se sta facendo tutte queste storie solo perché non è in regola con il pagamento, non c’è problema – disse la scimmia cercando di essere conciliante – basta aggiungere la differenza e siamo a posto. Qui non è mai stato morso nessuno perché era senza biglietto”.
“Aah! – gridò terrorizzato il signor Taldeitali, sconvolto al solo pensiero di essere anche solo toccato dall’immondo animale – per sua norma e regola in tanti anni non mi è mai capitato di salire su di un mezzo pubblico sprovvisto di regolare biglietto”.
Ormai l’irreprensibile ometto era al colmo dell’indignazione “E adesso mi faccia parlare con il capotreno” urlò.
Così dicendo si appese con tutte le sue forze al freno d’emergenza. Il treno si bloccò bruscamente con uno stridìo infernale e un terribile rumore di ferro e catenacci.
Per il contraccolpo il signor Taldeitali fu catapultato sul fondo dello scompartimento.
Stava ancora constatando con orrore che gli si era sgualcito tutto il vestito quando, alzando lo sguardo, si vide circondato da decine di sguardi – questo sarebbe stato niente – se non che quegli sguardi curiosi e indagatori appartenevano tutti a delle scimmie.
Ma come? Non bastava il bigliettaio-scimmia? Adesso c’erano anche i viaggiatori-scimmia. E pure il capotreno apparteneva a quell’orribile specie…
“Ma insomma, che sta succedendo?” gridò il signor Taldeitali ormai al limite di una crisi di pianto.
“Scusi signore, ma dov’è il problema?” chiese il più gentilmente possibile il capotreno, timoroso di turbare lo stato già visibilmente alterato del viaggiatore.
“Qual è il problema, dite? Questa mattina ho preso il treno come tutti i giorni per andare a lavorare e mi sono trovato di fronte una scimmia che mi chiedeva il biglietto. Sono stato accusato di non avere regolarmente pagato, mi sono sgualcito tutto il vestito e adesso non so proprio come farò a presentarmi in ufficio. Ora chiamo il capotreno per riuscire a capirci qualcosa e mi trovo circondato da un’orda di scimmie. Non so dove mi trovo, né che ci faccio qui e lei ha il coraggio di chiedermi dove sta il problema?”
“Mi scusi tanto signore. Ma è stato lei a salire su questa vettura. Non è forse diretto a Monkeyland?” chiese paziente il capotreno.
“No davvero! – rispose indignato il signor Taldeitali – io stavo andando in città a lavorare e non so nemmeno dove si trovi questo strano posto che voi dite”.
Il capotreno e il bigliettaio si guardarono per un attimo negli occhi.
“Oh no! – disse alla fine uno dei due – è capitato di nuovo!”.
“Cosa è capitato di nuovo se è lecito saperlo?” chiese ormai sfinito il signor Taldeitali.
“Vede, noi apparteniamo ad una dimensione che sta al di là del muro dello spazio che separa il vostro pianeta dal resto delle possibili realtà e ogni tanto, per un qualche errore degli strumenti, ci capita di superare questo muro e di finire sulla terra. Questa mattina è capitato di nuovo, così lei è salito qui pensando si trattasse del suo solito treno. Ci dispiace molto signore” disse il capotreno evidentemente mortificato.
“Comunque, non si preoccupi – aggiunse il bigliettaio – ora provvederemo subito a riportarla nella sua dimensione”.
E così fecero e in un battibaleno il signor Taldeitali si ritrovò nella piccola stazione del suo paese ad aspettare il treno giusto.
Non aveva nemmeno perso tempo perché nella dimensione in cui era stato non si misuravano le ore e i minuti come sulla terra.
Il signor Taldeitali si sedette su una panchina.
“Che giornata terribile! Eppoi guarda come mi sono conciato” esclamò. Così dicendo tirò fuori da una tasca interna della giacca uno spazzolino e, ormai tranquillizzato, si mise a sistemarsi per bene il vestito.
Ogni sera, prima di andare a dormire, preparava con cura i vestiti che avrebbe indossato il mattino successivo: la camicia pulita, i pantaloni stirati, le scarpe accuratamente lucidate, i calzini colorati in sintonia con la cravatta.
Ogni mattina, poi, voleva trovare sulla tavola ben apparecchiata la sua solita tazza di caffè con i soliti due cucchiaini di zucchero, il pane tostato al punto giusto e il succo di arance che non dovevano essere né troppo rosse né troppo gialle.
Quindi, raccoglieva con cura tutte le sua carte e le infilava, stando ben attendo a non spiegazzare i fogli, nella cartella da lavoro.
Era, insomma, il nostro signor Taldeitali, un uomo molto preciso che amava che ogni cosa fosse al suo posto e che ci fosse sempre un posto per ogni cosa.
Per la signora Tilde, che si occupava di lui, era una vera impresa riuscire ogni volta ad accontentarlo poiché trovava sempre qualcosa che non andava bene.
Anche quel giorno, come tutte le mattine, il signor Taldeitali si avviò verso la stazione dei treni e lì aspettò l’arrivo dell’espresso che lo avrebbe portato in città dove si trovava il suo ufficio.
Dopo circa dieci minuti il treno arrivò.
Il signor Taldeitali salì e prese posto, quindi abbassò il cappello sugli occhi e si appisolò.
Anche se era un omino molto compito e che ci teneva molto a fare bella figura con il prossimo, non riusciva ad evitare di mettersi a russare – anche se molto compitamente – e così accadde anche quella volta.
Non durò, però, a lungo perché dopo pochi minuti qualcuno gli battè su una spalle.
“Ah, già il biglietto” pensò il signor Taldeitali aprendo gli occhi.
Abbiamo già detto quanto il nostro amico tenesse a che tutto fosse sempre in ordine e in perfetta armonia. Possiamo, quindi, immaginare il suo stupore quando si trovò di fronte, anziché al solito bigliettaio, una scimmia.
A dire il vero la scimmia era proprio il bigliettaio e come un bigliettaio era vestita di tutto punto.
Aveva la sua bella divisa, il berrettino regolamentare, persino la macchinetta per annullare i biglietti dei viaggiatori. Però, era pur sempre una scimmia!
“Biglietto, signore” disse molto educatamente la scimmia rivolgendosi al nostro amico.
Il signor Taldeitali era veramente stupefatto.
“Ma lei è una scimmia!” disse quasi con disgusto.
Certo, al nostro omino doveva apparire davvero terribile il fatto che un animale come quello si trovasse a bordo del treno.
Chissà quanto era sporco e quanti danni sarebbe stato in grado di provocare se solo gli fosse passato per la testa di cominciare a saltare sui sedili, arrampicarsi sulle tende dello scompartimento oppure – orrore! – mettersi a sedere sulle ginocchia dei passeggeri.
“Ma certo signore che sono una scimmia, che cosa credeva?” chiese di rimando l’animale stupito dello stupore del passeggero. “Ma è terribile!” gridò il signor Taldeitali angosciato.
“Oh bella? Ma si è mai guardato allo specchio lei la mattina? E comunque, bando a queste discriminazioni di razza e mi faccia vedere il suo biglietto” disse la scimmia-bigliettaio.
“Come si permette? Non accetto ordini da una scimmia!” gridò l’omino ormai isterico.
“E dagli! Senta, se sta facendo tutte queste storie solo perché non è in regola con il pagamento, non c’è problema – disse la scimmia cercando di essere conciliante – basta aggiungere la differenza e siamo a posto. Qui non è mai stato morso nessuno perché era senza biglietto”.
“Aah! – gridò terrorizzato il signor Taldeitali, sconvolto al solo pensiero di essere anche solo toccato dall’immondo animale – per sua norma e regola in tanti anni non mi è mai capitato di salire su di un mezzo pubblico sprovvisto di regolare biglietto”.
Ormai l’irreprensibile ometto era al colmo dell’indignazione “E adesso mi faccia parlare con il capotreno” urlò.
Così dicendo si appese con tutte le sue forze al freno d’emergenza. Il treno si bloccò bruscamente con uno stridìo infernale e un terribile rumore di ferro e catenacci.
Per il contraccolpo il signor Taldeitali fu catapultato sul fondo dello scompartimento.
Stava ancora constatando con orrore che gli si era sgualcito tutto il vestito quando, alzando lo sguardo, si vide circondato da decine di sguardi – questo sarebbe stato niente – se non che quegli sguardi curiosi e indagatori appartenevano tutti a delle scimmie.
Ma come? Non bastava il bigliettaio-scimmia? Adesso c’erano anche i viaggiatori-scimmia. E pure il capotreno apparteneva a quell’orribile specie…
“Ma insomma, che sta succedendo?” gridò il signor Taldeitali ormai al limite di una crisi di pianto.
“Scusi signore, ma dov’è il problema?” chiese il più gentilmente possibile il capotreno, timoroso di turbare lo stato già visibilmente alterato del viaggiatore.
“Qual è il problema, dite? Questa mattina ho preso il treno come tutti i giorni per andare a lavorare e mi sono trovato di fronte una scimmia che mi chiedeva il biglietto. Sono stato accusato di non avere regolarmente pagato, mi sono sgualcito tutto il vestito e adesso non so proprio come farò a presentarmi in ufficio. Ora chiamo il capotreno per riuscire a capirci qualcosa e mi trovo circondato da un’orda di scimmie. Non so dove mi trovo, né che ci faccio qui e lei ha il coraggio di chiedermi dove sta il problema?”
“Mi scusi tanto signore. Ma è stato lei a salire su questa vettura. Non è forse diretto a Monkeyland?” chiese paziente il capotreno.
“No davvero! – rispose indignato il signor Taldeitali – io stavo andando in città a lavorare e non so nemmeno dove si trovi questo strano posto che voi dite”.
Il capotreno e il bigliettaio si guardarono per un attimo negli occhi.
“Oh no! – disse alla fine uno dei due – è capitato di nuovo!”.
“Cosa è capitato di nuovo se è lecito saperlo?” chiese ormai sfinito il signor Taldeitali.
“Vede, noi apparteniamo ad una dimensione che sta al di là del muro dello spazio che separa il vostro pianeta dal resto delle possibili realtà e ogni tanto, per un qualche errore degli strumenti, ci capita di superare questo muro e di finire sulla terra. Questa mattina è capitato di nuovo, così lei è salito qui pensando si trattasse del suo solito treno. Ci dispiace molto signore” disse il capotreno evidentemente mortificato.
“Comunque, non si preoccupi – aggiunse il bigliettaio – ora provvederemo subito a riportarla nella sua dimensione”.
E così fecero e in un battibaleno il signor Taldeitali si ritrovò nella piccola stazione del suo paese ad aspettare il treno giusto.
Non aveva nemmeno perso tempo perché nella dimensione in cui era stato non si misuravano le ore e i minuti come sulla terra.
Il signor Taldeitali si sedette su una panchina.
“Che giornata terribile! Eppoi guarda come mi sono conciato” esclamò. Così dicendo tirò fuori da una tasca interna della giacca uno spazzolino e, ormai tranquillizzato, si mise a sistemarsi per bene il vestito.
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